Ridefinire il Passato, ovvero parte l’edizione 2018-19 di Ridefinire il Gioiello

Lo confesso, sono tra coloro che pensano che sia l’uomo a rendere preziosa la materia attraverso il suo lavoro e non il contrario.

Questo pensiero mi guida in tutto ciò che faccio e in tutto ciò che scelgo di presentare, qui nel blog e attraverso il mio lavoro di editor.
Non sono una sostenitrice a ogni costo dei materiali nobili e della loro preziosità intrinseca (che spesso è preziosità economica e commerciale) e, al contrario, sostengo con convinzione che i materiali alternativi – quelli cosiddetti poveri oppure di riuso, di recupero, di riciclo o ancora estrapolati dalla loro funzione principale, come ho narrato per esempio in un recente post su Brandina, marchio che usa le tela dei lettini da mare per creare borse – siano in grado di dare le soddisfazioni più grandi, di creare la magia.

Tutto ciò è anche dovuto al fatto che attribuisco all’essere umano un ruolo fondamentale: è l’uomo con la sua azione, il suo operato, il suo intervento, la sua maestria, la sua intelligenza, la sua fantasia, la sua creatività e la sua capacità di guardare oltre a trasformare, plasmare, forgiare, elevare e, in molti casi, dare nuova dignità ai materiali, trasformandoli in oggetti compiuti, in qualcosa di intrigante o anche provocatorio.

Ed è proprio in quest’ottica che, dal 2014, sono tra i media partner di un concorso che si chiama Ridefinire il Gioiello.

Nato nel 2010 a cura di Sonia Patrizia Catena, il progetto è cresciuto edizione dopo edizione, diventando negli anni un importante punto di riferimento nella sperimentazione sul gioiello contemporaneo, di design e d’arte nonché un’interessante vetrina per artisti e designer.
È un progetto itinerante che promuove creazioni esclusive, selezionate dalla giuria e dai partner per aderenza a un tema sempre diverso nonché per ricerca, innovazione, originalità ideativa ed esecutiva: gioielli tra loro molto diversi per materiali impiegati (naturali, tecnologici, organici e inorganici ma non oro o argento se non per piccole minuterie) vengono uniti di volta in volta grazie a una tematica comune, sempre interessante e stimolante.

A fare la differenza e a dare il valore aggiunto è dunque l’idea, così come avverrà anche per la settima edizione di Ridefinire il Gioiello che vado oggi a presentare e introdurre.

L’edizione 2018 – 19 prende il nome di Ridefinire il Passato e chiede agli artisti di pensare e progettare un gioiello che valorizzi la memoria delle creazioni esposte al Museo del Bijou di Casalmaggiore.

Fondato nel 1986, questo Museo conserva e valorizza oltre 20 mila pezzi di bigiotteria, macchinari, utensili, fotografie e cataloghi tutti databili dalla fine dell’Ottocento fino alle soglie del nuovo millennio.
Perché il museo sorge a Casalmaggiore, delizioso comune della provincia di Cremona?
Perché la cittadina ha accolto uno storico e importante distretto di bigiotteria sorto tra XIX e XX secolo: il museo ospita dunque reperti e testimonianze provenienti dalle dismesse industrie locali e da numerose donazioni di aziende e collezionisti del settore.

I monili conservati a Casalmaggiore non raccontano solo episodi individuali connessi al singolo prodotto, ma narrano altresì storie comuni, legate alla cultura e al gusto di una determinata epoca e di un luogo: come ben spiega Sonia Catena, Ridefinire il Passato si pone dunque l’obiettivo di mettere in scena le potenzialità intrinseche del museo e degli oggetti in esso conservati, un luogo, memoria del passato, che non cristallizza solo anelli, collane, bracciali, orecchini, ma che diventa spazio creativo e dinamico, capace di generare nuove tendenze e fonte inesauribile d’ispirazione per il gioiello contemporaneo.

Il museo diventa così promotore di nuove narrazioni attraverso un meccanismo capace di mettere in connessione, mondi, stili, epoche e creazioni differenti: il bijou del passato si pone in dialogo con il gioiello contemporaneo, la tradizione si confronta con la sperimentazione.

L’ispirazione, per i designer e gli artisti, potrà nascere dal singolo bijou o dal dettaglio nascosto che il museo, come un promemoria, porta sotto i nostri occhi.
Diventa importante più che mai il ruolo del creativo che, come un ricercatore, quasi come un archeologo, si fa interprete della memoria ed è in grado di comprendere e valorizzare questi tesori trasformandoli in un nuovo gioiello.

È pertanto richiesto agli artisti e ai designer di ispirarsi a un bijou o a un dettaglio presente in questa galleria di immagini oppure di sceglierne uno esposto al Museo del Bijou in caso si abbia l’opportunità (e la fortuna) di visitare di persona il sito e la sua nutrita collezione.
In ogni caso, l’obiettivo è sempre lo stesso, ovvero reinterpretare il bijou o il dettaglio attraverso il proprio linguaggio contemporaneo e la propria personale ricerca artistica, affinché il passato possa essere ridefinito e possa rivivere in nuovi stili.

Consentitemi, prima di chiudere, di dire perché amo particolarmente il fatto che Sonia abbia pensato a un’edizione come Ridefinire il Passato.

Oltre al fatto di amare la sperimentazione materica, oltre al fatto di amare moltissimo il Museo del Bijou di Casalmaggiore del quale ho parlato a più riprese e che ho visitato varie volte, amo molto l’idea di valorizzarne il patrimonio attualizzandolo poiché il passato, per me, non deve essere qualcosa di polveroso, bensì fonte di ispirazione; non solo, tutta l’operazione ha un altro significato importante, ovvero quello di ampliare il focus del gioiello contemporaneo che, oggi, gravita spesso attorno a Milano.

Amo Milano, lo sapete, ma so perfettamente che non esiste solo la mia città: al contrario, esistono in Italia tanti distretti produttivi dei quali parlo spesso e volentieri (recentemente qui) e che sono stati – e sono – motori della crescita economica italiana nonché cellule fondamentali del nostro modello di business e dunque sono felice che si possa puntare il riflettore su uno di essi, ovvero Casalmaggiore.

Pensate che, proprio il giorno in cui Sonia mi ha telefonato per introdurmi Ridefinire il Passato, avevo letto un interessante articolo di Pambianco intitolato Hermès vuole portare in Francia i distretti all’italiana.

L’articolo narra che la grande maison Hermès sta aprendo una nuova manifattura in Francia, rivelando l’intento di creare, appunto, un vero e proprio distretto all’italiana.
«Mi piacerebbe creare un vero distretto come ne esistono in Italia. Per adesso siamo meno integrati, ma quello sarebbe l’obiettivo. Il vantaggio dei distretti italiani è che comprendono tutta la filiera produttiva. Esiste una vera differenza tra Italia e Francia in favore della prima e cioè che l’Italia ha ancora un tessuto locale molto forte, mentre in Francia siamo troppo centrati sulle grandi città e abbiamo un problema di desertificazione delle campagne.»
Così racconta il CEO Axel Dumas, sesta generazione del fondatore della maison Thierry Hermès, e se lo dice lui… direi che è un’opinione decisamente autorevole e decisamente a favore del nostro modello economico e dei nostri distretti.

E, oggi, ho letto un altro articolo sempre di Pambianco che racconta come, tra i distretti italiani più produttivi, figurino Firenze (per la pelletteria), Belluno (per l’occhialeria) e Valenza (per l’oreficeria).

Insomma, lunga vita ai distretti italiani e un applauso a chi, come Sonia, vuole farli conoscere e vuole ampliare l’ambito di diffusione di un settore – quello del gioiello contemporaneo – che merita di essere conosciuto e amato.

Per chi fosse interessato, segnalo molto volentieri che qui è possibile scaricare il bando completo di Ridefinire il Passato: le iscrizioni sono aperte fino al 14 ottobre 2018 e nel bando trovate anche tutti i premi che verranno assegnati, incluso un articolo qui nel blog per colui o colei che selezionerò.

E allora… buon lavoro a tutti.

Manu

 

Qui trovate il sito del progetto Ridefinire il Gioiello, qui la pagina Facebook e qui Twitter.

 

Io & Ridefinire il Gioiello:
◊ Edizione speciale Dolci Conversazioni: qui trovate il mio articolo sulla pubblicazione del bando di concorso e qui quello sulla tappa di Bologna.
◊ Edizione 2016/2017 – qui trovate il mio articolo su Alba Folcio, la mia premiata, e qui quello su Agnese Taverna, de me selezionata sempre in quella occasione; qui quello sulla partenza del progetto con le tappe principali e qui quello sulla pubblicazione del bando di concorso.
◊ Edizione 2015 – qui trovate il mio articolo su Loana Palmas, la mia prima premiata; qui quello su Alessandra Pasini, la mia seconda premiata; qui quello su Chiara Lucato, la mia terza premiata; qui trovate il mio articolo sulla serata di inaugurazione e qui quello sulla pubblicazione del bando di concorso. Qui, infine, trovate il mio articolo su un ulteriore incontro tenuto sempre nell’ambito delle tappe dell’edizione 2015: in occasione di questo evento, ho parlato anche di Elena De Paoli.
◊ Edizione 2014 – qui trovate il mio articolo sulla manifestazione 2014; qui quello su Alessandra Vitali, la designer che ho scelto di premiare.

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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