Il Gattopardo e la collezione Sergio Daricello SS 2016

Per alcune persone e per alcuni amori sono in grado di identificare il momento esatto nel quale sono nati.

Lo stilista Sergio Daricello è uno di questi casi: posso indicare con precisione chirurgica l’esatto momento in cui mi sono innamorata di lui e del suo modo di vedere, fare e intendere la moda.

Era il 24 giugno 2012 e allora Sergio era il direttore creativo di Giuliano Fujiwara: presentava la collezione uomo primavera / estate 2013, la prima da lui firmata per il brand italo-giapponese, e mi sono innamorata dei capi al primo sguardo nonché di lui appena i nostri occhi si sono incrociati. Da allora, ho sempre seguito Sergio, dalle sue successive collezioni per Fujiwara fino a una importantissima e fondamentale decisione: dare vita al marchio che porta il suo nome.

Siciliano di origini, Sergio ha frequentato giurisprudenza, ma ha poi deciso di dedicarsi alle arti grafiche e visive studiando pittura e restauro pittorico: successivamente, ha preso la decisione di trasferirsi a Milano per seguire il corso di design di moda presso l’Istituto Marangoni conseguendo il diploma nel 2002 col massimo dei voti.

Ha subito iniziato il suo percorso professionale con una forte attenzione verso il sistema del made in Italy: il suo esordio da stilista è avvenuto grazie alla maison Etro dove ha affiancato Kean Etro nella creazione delle collezioni uomo. In seguito, ha lavorato presso l’ufficio stile uomo di Dolce&Gabbana prima linea con il ruolo di fashion designer ed è poi approdato in Versace: dopo aver ricoperto per breve tempo la funzione di assistente stilista per la prima linea, è diventato responsabile stile uomo apparel & accessories per le linee Versace Jeans e poi Versus. Leggi tutto

Fatima Val SS 2016, metamorfosi ed evoluzione

Giorni fa, scambiando alcuni messaggi con un’amica, mi sono trovata a esporle una mia convinzione: sapersi adeguare al tempo in cui si vive è un’esigenza, oggi più che mai, pena la scomparsa, esattamente com’è accaduto ai dinosauri.

D’altro canto, tale mia convinzione non è certo innovativa: l’idea di evoluzione è molto antica e fu elaborata in modo scientifico nell’800, grazie all’opera di studiosi come Charles Darwin e Alfred Russel Wallace.

Darwin e Wallace si basarono su concetti quali la variabilità dei caratteri ereditari, la selezione naturale e la lotta per l’esistenza giungendo alle teorie evolutive che sono oggi le basi fondamentali della biologia: in maniera del tutto analoga, tali teorie possono essere traslate all’evoluzione del modo di pensare. Chi non è capace di far evolvere i propri pensieri e le proprie idee rischia di restare ai margini.

Ecco perché amo il lavoro dei giovani stilisti ed ecco perché amo, per esempio, quello di Fatima Val: il loro pensiero e la loro visione sono in costante evoluzione.

“La trasformazione è uno dei principali processi naturali nonché il più importante principio dell’evoluzione. È una legge generale grazie alla quale la vita stessa esiste: è questa la chiave dello sviluppo che dà origine alla diversità.”

È il pensiero che ho trovato aprendo la cartella stampa che mi è stata consegnata lo scorso 28 settembre, quando ho assistito alla sfilata della collezione primavera / estate 2016. Leggi tutto

L’anticonformista, la collezione Grinko SS 2016

È inutile, non ce la faccio proprio: provo a restare fredda e asettica, provo a frenare la spontaneità, ma è qualcosa che proprio non mi riesce.

O almeno non mi riesce con la moda: in questo ambito sono come quando ero ragazzina e avevo poche mezze misure.

Nella moda ci sono cose che mi piacciono e cose che non mi piacciono; cose che mi appassionano e cose che mi lasciano del tutto indifferente. Cercare di convincermi è inutile, in un senso o nell’altro, perché lo ammetto, soffro di un’imperdonabile presunzione, quella di voler pensare con la mia testa.

Scelgo le cose che mi piacciono e che mi appassionano e dedico loro tutto il mio entusiasmo; al contrario, non sono interessata a uniformarmi al pensiero che va per la maggiore né sono interessata a unirmi ai cori osannanti gli stilisti più in voga. Allo stesso modo, non ho timore di dire “piace anche a me” se ciò è la verità, ma il punto è questo: deve essere la verità.

D’altro canto, l’ho dichiarato fin dall’inizio: in questo spazio web entra solo ciò che mi piace attraverso una selezione fatta alla fonte. Una piccola dittatrice? Direi piuttosto che è una garanzia di sincerità.

Propongo e non impongo; propongo ciò che mi piace, spiego perché mi piace e poi lascio la decisione finale a chi guarda e legge. Tutto qui.

Nel caso in cui chi guarda e legge approva a sua volta ciò che ho accuratamente selezionato, questa persona gode di una garanzia: sa che la mia opinione è sincera.

Ecco, è questa la mia presunzione. E se, alla fine, sia perdonabile o no, lo lascio decidere a voi. Leggi tutto

Pensando alla primavera: Sunrise, l’aurora di Giulia Marani

Pare che, dopo un inverno finora mite, sia ora in arrivo il grande freddo: spero sia contento chi lo aspettava con tanta ansia. Non io, non sentivo affatto la mancanza del freddo rigido e non sono affatto contenta del suo arrivo: nel dubbio – e nel timore – che in effetti la previsione sia corretta, cerco di attrezzarmi con metodi di vario tipo.

Tra i più banali: mi sono comprata un delizioso cappellino con pompon oversize. Tra i più seri: dirigo i pensieri in direzioni per me piacevoli, per esempio verso l’idea della primavera.

Non potrebbe dunque esistere momento migliore per continuare a parlarvi delle collezioni per la prossima bella stagione: quella che ho scelto oggi ha un nome che è tutto un programma. Si chiama Sunrise, ovvero alba, aurora, sorgere del sole: un momento di rinascita, insomma, come quello che corrisponde all’arrivo della primavera.

Sunrise è la collezione primavera / estate 2016 della brava e talentuosa Giulia Marani, giovane stilista che seguo ormai da diversi anni e che, con grande gioia, vedo in costante crescita ed evoluzione.

Ciò che caratterizza fin dal principio il suo lavoro è la volontà di fondere moda e arte, un po’ come avveniva in un glorioso passato: cito come esempio supremo la mia adorata Elsa Schiaparelli e le sue collaborazioni con tanti artisti surrealisti. Giulia concretizza tale volontà scegliendo a sua volta di collaborare, stagione dopo stagione, con vari artisti tra i quali pittori e fotografi. Leggi tutto

Gianni Chiarini mette il cuore in #GumForLove

Io non sono una nativa digitale.
Ho usato i telefoni col disco combinatore, il mitico Siemens S62 detto Bigrigio per le sue due tonalità di grigio. E la compagnia telefonica era la SIP. Ho usato anche le cabine telefoniche – parecchio.
Quando ho iniziato a lavorare, avevo la macchina da scrivere elettronica: all’arrivo del pc, guardando Word ed Excel per la prima volta, ricordo di aver pensato che non avrei mai imparato a usarli.
Il mio amore per la scrittura nonché l’attrazione verso il giornalismo è iniziato da bambina, quando mio papà mi ha permesso di usare la sua splendida Olivetti Lettera 32, macchina meccanica bellissima, un vero gioiellino, compatta e funzionale. Oggi è considerata un oggetto di design.
Quando frequentavo scuole elementari e medie, aspettavo con ansia le cartoline, soprattutto d’estate, e a mia volta ne spedivo tante. Alle elementari, avevo una pen friend in Francia, ad Annecy.
Il grande amore della mia adolescenza abitava a Genova: c’eravamo conosciuti durante uno stage estivo in Inghilterra, a Canterbury, e, tornati in Italia, abbiamo passato mesi a telefonarci e a mandarci lettere. Non avevamo i cellulari e la SIP avrebbe dovuto farci un monumento per quante monete e schede abbiamo speso in quelle benedette cabine telefoniche citate qui sopra… Leggi tutto

Patty Toy Braintropy, la moda cambia (e ci cambia)

Vi confesso una cosa: faccio fatica a staccarmi da ciò che amo. Persone, progetti, oggetti.

Mi piace mantenere un contatto con tutto ciò in cui credo, costruire un discorso che posso estendere nel tempo esattamente come farei srotolando un gomitolo di filo rosso. Non mi piace scrivere un post e poi dimenticarmene, archiviarlo come cosa fatta: se i protagonisti di un progetto del quale mi sono occupata portano avanti le premesse che mi hanno conquistata, mi piace continuare a seguirli aggiornando voi.

Ricordo benissimo l’entusiasmo col quale ho raccontato di Braintropy per la prima volta, a luglio dello scorso anno, profondamente colpita da un concetto a mio avviso molto interessante: la modularità.

Siamo nel mondo delle borse e parliamo dell’amore che questo accessorio scatena: tutte quante ne andiamo matte e tutte quante amiamo possederne tante. Trovare una donna che non ama le borse è quasi come trovare una persona che non ama il cioccolato. E l’interesse è in crescita anche in moltissimi uomini.

Eppure, c’è un fatto che ci frena dalla voglia di cambiare borsa ogni giorno, ovvero dover trasferire il contenuto, perché tale trasferimento equivale spesso a un vero e proprio trasloco: è infatti inutile negare che noi donne facciamo entrare un po’ di tutto in quelle benedette borse, giusto per essere preparate a qualsiasi evenienza, dal ritocco veloce del trucco alla possibile fine del mondo.

Braintropy nasce pensando a tutto ciò: forte di un sapiente incontro tra know how toscano dalle radici antiche e continua ricerca di nuove soluzioni in termini di forme e materiali, ha coltivato con successo il concetto di modularità del quale accennavo, caratteristica che dà una risposta efficace e definitiva alla questione del cambio. Sì, perché grazie al brand è la borsa a cambiare, anzi, a trasformarsi. Leggi tutto

Tomaso Anfossi e Francesco Ferrari, anticipi di primavera

Sono conscia di quale sia l’opinione che va per la maggiore: la moda non è considerata arte.
E sapete una cosa? In fondo sono d’accordo, la maggior parte della moda che vedo attorno a noi non è affatto arte.
Oggi più che mai, la moda è business e produce lavoro in maniera efficace, spesso molto più di quanto facciano altri settori. La moda è questo, lo ammetto, dunque spesso non può essere arte.
Eppure, quando ho l’opportunità di ammirare il lavoro di certi giovani che con autentica passione continuano a far vivere le maestranze e le capacità più nobili riuscendo a contaminare la moda con ispirazioni tratte da altri mondi… beh, allora penso che esiste una forma di moda che si avvicina all’arte in quanto è capace di essere veicolo di espressione e comunicazione.
A tal proposito, torno a citare Wikipedia e una definizione che ho già usato in una precedente occasione e che mi è molto cara: “L’arte, nel suo significato più ampio, comprende ogni attività umana – svolta singolarmente o collettivamente – che porta a forme di creatività e di espressione estetica, poggiando su accorgimenti tecnici, abilità innate o acquisite e norme comportamentali derivanti dallo studio e dall’esperienza. Nella sua accezione odierna, l’arte è strettamente connessa alla capacità di trasmettere emozioni e messaggi soggettivi. Tuttavia non esiste un unico linguaggio artistico e neppure un unico codice inequivocabile di interpretazione.”
Dunque, visto che la moda è una forma di creatività e di espressione estetica, visto che poggia su accorgimenti tecnici, visto che comporta abilità innate o acquisite derivanti dallo studio e dall’esperienza e visto che sa trasmettere emozioni, nessuno, mai, mi farà cambiare idea sul fatto che – in alcuni casi – possa essere una forma d’arte. Non cambierò idea fino a quando continueranno a esistere stilisti che fanno sì che io possa sostenere questa tesi.
Un esempio? Il duo CO|TE. Leggi tutto

C’era una volta… ovvero favole da Fashion Week

C’era una volta una giovane donna molto promettente, una stilista bravissima e di grande talento: le sue creazioni erano raffinate ed eleganti e sapevano parlare un linguaggio senza tempo.
C’era una volta un ufficio stampa, esterno, che la seguiva: le persone che ci lavoravano erano precise, efficienti e rispondevano puntualmente alle richieste di accredito agli eventi, sia che la risposta fosse un sia che la risposta fosse un no.
Poi, un giorno, le strade dell’ufficio stampa e della stilista si separarono.
Lei scelse un nuovo ufficio stampa, anch’esso esterno: peccato, però, che quei signori non avessero affatto la stessa politica dei primi, ovvero non era per loro abituale e normale rispondere.
La favola finisce qui e si rientra nella realtà, la stilista c’era e c’è ancora (per fortuna!) e c’è ancora il secondo ufficio stampa (no comment). A proposito di questi ultimi, mi tocca dire che, nonostante la mia richiesta di accredito per la Fashion Week appena terminata e nonostante l’intervento diretto da parte dello staff della stilista, sto ancora aspettando la loro risposta per una sfilata che è stata mercoledì scorso.
Bizzarro, vero? È bizzarro che l’opinione del cliente rappresentato – che, ripeto, è intervenuto direttamente – conti zero.
Ovviamente, il fatto grave non è che non mi abbiano accreditata, ci mancherebbe, liberissimi di farlo; sottolineo che ciò che è grave è che non abbiano risposto.
E c’è di più: è lo stesso ufficio che la scorsa stagione mi invitò ad un’altra sfilata per poi lasciarmi fuori.
Dunque, non è un caso né si tratta di un singolo episodio sfortunato: è un comportamento reiterato.
E per fortuna, queste persone si occupano di PR, acronimo di pubbliche relazioni.
Bel modo di relazionarsi. Ho ricevuto tanti no, in varie occasioni, più o meno gentili, più o meno eleganti, più o meno motivati: il non rispondere, però, non è fare pubbliche relazioni.
Ah, quasi dimenticavo un altro dettaglio, la ciliegina sulla torta: il giorno successivo alla sfilata, l’ufficio stampa in questione mi ha mandato un promemoria delle presentazioni di altri clienti. Forse hanno improvvisamente ritrovato il mio indirizzo?
Ma guarda un po’ che miracoli accadono talvolta, altro che favole…
Le solite storie, insomma.
Che peccato: per la prima volta, dopo tante stagioni in cui ho seguito con entusiasmo la mia amata e talentuosa stilista, mi viene negata la possibilità di farlo. Negata si fa per dire: ignorata.
Forse sto antipatica all’ufficio stampa: non se la saranno presa per il post di marzo, quando mi sono sfogata per essere stata lasciata fuori dall’altra sfilata?
No, dai, ho solo detto la verità e non ho neppure fatto il loro nome. E poi, se sono offesi, perché mi mandano alcuni inviti? Non sarebbe coerente, giusto?
Pensate che un ufficio del quale avevo invece fatto il nome (in precedenza e relativamente ad altri episodi), all’epoca di quella pubblicazione, mi aveva subito convocata chiedendomi un confronto diretto: certo, non erano contenti ma, anziché offendersi, avevano agito. E questo vuol dire avere coraggio.
Lavorando capita di sbagliare, ma se si sbaglia si chiede scusa. Si impara dai propri errori e le simpatie / antipatie si riservano alla vita privata, soprattutto se ci si occupa di PR. Troppo comodo ignorare, troppo stupido offendersi a cose fatte.
Perché ho scritto questo post e cosa spero di ottenere? Nulla di particolare: l’ho scritto perché, ogni volta in cui vivo qualcosa che non mi piace, anziché subire e macinare rabbia, provo a fare qualcosa di concreto.
Infatti, questo post è stato preceduto da una lettera di protesta indirizzata alla maison con lo scopo di renderli edotti della situazione che ho appena raccontato anche a voi nonché del comportamento del nuovo ufficio stampa scelto: non perdo mai la speranza che certe cose possano cambiare.
Comunque, mi viene in mente un detto delle nostre nonne: il lupo perde il pelo ma non il vizio. E certi lupi, lupi si fa per dire, più che altro non perdono le loro pessime abitudini.
Che noia tutto ciò. Anzi, che-barba-che-noia, come diceva la simpaticissima Sandra Mondaini.
Visto che il c’era una volta che ha fatto da incipit a questo post era preso in prestito dalle fiabe e visto che ho citato il lupo che mi fa pensare a Cappuccetto Rosso, chiudo usando la formula e vissero tutti felici e contenti.
Quasi tutti.

Manu

MFW, Stella Jean Uomo SS 16 e le mie riflessioni

È da poco terminata la kermesse di Milano Moda Uomo e a me tocca ammettere che, stavolta, ho accettato pochissimi inviti.

Credo sia dipeso dal fatto che preferisco stare un po’ alla finestra come spettatrice perché, francamente, devo ancora digerire la nuova direzione che la moda maschile sta prendendo.

Ma come – direte voi – ti occupi di moda e non comprendi i nuovi trend? Ebbene sì, nonostante dovrebbero essere il mio pane quotidiano, come si suol dire, in certe cose in realtà sono lenta come un bradipo – con tutto il rispetto per i bradipi, ovviamente.

Ciò che devo ancora digerire è la moda genderless o no sex, chiamatela come preferite, quella che propone capi neutri (neutri si fa per dire) indossabili sia da uomini sia da donne, senza grosse distinzioni.

Durante i cinque giorni dedicati alle tendenze uomo per la prossima primavera / estate 2016 si sono visti capi che spesso sembrano usciti più dal guardaroba femminile (per questo scrivo “neutri si fa per dire”): mi domando se e quanto tutto ciò sia una provocazione. Leggi tutto

Con Exposure sfila il talento degli stilisti di domani

Non è mai troppo presto per sostenere un talento nascente: a mio avviso, se il sistema scolastico fosse più concreto nel sostenere chi è bravo e se fosse in grado di portare avanti in maniera più decisa chi ha voglia di fare, ci sarebbe in giro molta più gente competente e appassionata.

Educare e dare supporto è una precisa responsabilità delle vecchie generazioni verso le nuove: è compito di queste ultime avere rispetto degli strumenti ricevuti facendoli fruttare al meglio.

In ragione di queste mie convinzioni e proprio perché credo nella scuola e nella sua importanza, oggi vado a pescare il talento proprio lì, alla fonte, in quello che considero essere un vivaio promettente: mi riferisco ad Accademia del Lusso.

Da un po’ di tempo, sto collaborando con loro nell’ottica di un certo progetto condiviso (non anticipo nulla per scaramanzia) e devo dire che ne sono felice: mi piace il loro approccio improntato all’immediatezza e alla vicinanza a quella che è la realtà professionale di oggi. Leggi tutto

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