Compleanno, stavolta non ti temo perché penso al kintsugi
Questo è il terzo compleanno che festeggio qui sul blog.
Festeggio si fa per dire: in realtà, in occasione del mio compleanno, avete sempre letto riflessioni un po’ malinconiche.
Quest’anno, però, si cambia regime: desidero tornare a festeggiare davvero il mio compleanno e non perché la mia vita sia diventata perfetta tutto d’un tratto.
Ho iniziato a pensarci una sera, seguendo un dibattito in televisione: una giovane donna affermava che se c’è una cosa che non ha mai aiutato nessuno a ottenere qualcosa è il fatto di piangersi addosso.
Non importa di cosa si dibattesse nello specifico e non importa nemmeno che, a parte questa (inconfutabile) affermazione, la giovane non avesse in verità particolarmente ragione e che fosse anche un po’ supponente e antipatica: importa che quelle parole mi hanno colpita con forza, come se fossero rivolte proprio a me.
Non sono abituata a piangermi addosso, questo no, ma mi capita di sfogarmi su Facebook e in alcuni post qui sul blog, come quelli del compleanno, appunto.
Ecco, ascoltando quelle parole, ho ammesso che in effetti lamentarmi non mi aveva aiutata e non mi aiuta né a ottenere ciò che voglio né a rendermi più simpatica sebbene vi prego di credermi, non è la simpatia ciò che volevo ottenere: non ho mai pensato che piagnucolare sia un modo per ottenere pacche sulle spalle tanto quanto non serve a cambiare le cose.
Ho poi riflettuto anche su altre questioni.
Il 2015 è stato un anno durissimo per tutti quanti e mi riferisco ai fatti che stanno insanguinando il mondo, non ultimi quelli di Parigi.
Non solo, la morte mi è passata accanto colpendomi molto da vicino e portandosi via Emanuele, una persona (giovanissima) alla quale ero affezionata e che desidero ricordare nuovamente proprio oggi, nel giorno del mio compleanno.
L’essere umano, purtroppo, impara grazie ai suoi errori e spesso di questi errori si vergogna: non faccio eccezione, sono anch’io così.
E oggi, quindi, mi vergogno un po’ e, anziché lamentarmi, mi sento una sopravvissuta, ma sopravvissuta nel senso migliore del termine, senza vittimismo né pietismo: mi sento come un vaso che sia stato riparato con la tecnica kintsugi.
Ne avete mai sentito parlare? Il kintsugi o kintsukuroi significa letteralmente “riparare con l’oro”: è una pratica giapponese e consiste nel sistemare oggetti rotti attraverso l’uso di materiali preziosi.
Prendiamo, per esempio, un vaso andato in frantumi: i frammenti vengono ricongiunti con un liquido o una lacca contenenti oro e così il vaso ritorna alle fattezze originali, ma con una differenza importante. La ferita è lì, visibilissima, in primissimo piano, dorata e impattante. Sottolineata, ad arte.
In Occidente, distinguiamo tra cose intatte e cose rotte. E se una cosa è rotta, vogliamo ripararla come se non fosse mai successo nulla: se ciò non è possibile, per noi non vale la pena tenerla, meglio gettarla e acquistarne una nuova.
Nella cultura orientale, invece, le cicatrici aumentano il valore dell’oggetto e, tra integrità e rottura, viene contemplata la possibilità dell’imperfezione.
Non solo, la casualità originata dalla rottura rende gli oggetti unici e irripetibili: grazie al kintsugi, gli oggetti riparati sono tutti differenti fra loro.
Naturalmente, il kintsugi non è che la forma pratica di una filosofia di pensiero: il messaggio intrinseco è che la vita consta non soltanto d’integrità, ma anche di rottura. E la rottura va accolta.
Il dolore non è un sentimento vergognoso, da estirpare o da occultare, così come l’imperfezione estetica non rappresenta un elemento capace di rovinare l’armonia complessiva di una persona o di un oggetto; le crepe dell’oggetto rotto e riparato non vanno nascoste né mimetizzate ma valorizzate, esattamente come le cicatrici intese sia come difetti fisici sia come ferite dell’anima.
In definitiva, il kintsugi dimostra che da una ferita risanata può rinascere una nuova forma di bellezza, esteriore e interiore; lascia intendere che i segni impressi dalla vita sulla nostra pelle e nella nostra mente hanno un valore e un significato; insegna che da essi – e soprattutto dalla loro accettazione – prendono il via i processi di rigenerazione e di rinascita.
Che splendido insegnamento…
Ecco, io oggi sono così: ammaccata e riparata eppure pronta a guardare avanti.
Mi sembra di essere un vaso kintsugi, mi sento (finalmente) in grado di affrontare le cicatrici, mostrarle, accettarle. E non mi sento affatto peggiore per il fatto di essere stata ferita o di aver sofferto.
Stavolta, le foto che riassumono gli ultimi 365 giorni servono più che mai a questo, a ricordarmi quante cose buone ci siano nella mia vita, quante cose belle io abbia l’opportunità di vivere ben oltre dolori e cicatrici.
Sì, forse la mia vita non è perfetta – più che altro sul lavoro dove c’è sempre da sputare sangue – ma sono qui.
E se c’è qualcosa che non mi piace… posso sempre avere ancora più coraggio, alzare le chiappe e cercare di cambiare quel qualcosa.
Scusate ma, dopo la meravigliosa e delicata filosofia giapponese, ci voleva la sferzata finale a modo mio.
In fondo, sono un vaso riparato e non certo un vaso di fine porcellana.
Tanti auguri a me e grazie – come sempre – a tutti coloro che ci sono.
Manu
Osserva un bambino che raccoglie conchiglie sulla spiaggia: è più felice dell’uomo più ricco del mondo. Qual è il suo segreto? Quel segreto è anche il mio. Il bambino vive nel momento presente, si gode il sole, l’aria salmastra della spiaggia, la meravigliosa distesa di sabbia. È qui e ora. Non pensa al passato, non pensa al futuro. E qualsiasi cosa fa, la fa con totalità, intensamente; ne è così assorbito da scordare ogni altra cosa. Il segreto della felicità è tutto qui: qualsiasi cosa fai non permettere al passato di distrarre la mente e non permettere al futuro di disturbarti.
Osho Rajneesh (Rajneesh Chandra Mohan Jain, 1931 – 1990, mistico e maestro spirituale indiano in un’intervista rilasciata a Enzo Biagi nel 1986)
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Parlando di anni che passano…
Il mio compleanno 2013
Il mio compleanno 2014
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Manu
Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.
Glittering comments
Ti manca una foto con me! sai che ci tengo eh!
magari il prossimo anno ce la metti chissà!
Io odio i compleanni in generale. Tempo fa scrissi un post sull’argomento. non mi piace scandire gli anni, gli eventi. io mi considero un Highlander e quando mi chiedono gli anni rispondo che ho quelli che mi permettono di fare quello che voglio. Perdere una persona cara ci vuota di una presenza ma ci ricolma di ricordi e insegnamenti e le lacrime che spesso vengono fuori (ho perso mia suocera due mesi fa che per me era una mama) mi aiutano a sfogarmi…
Conosco il kintsugi. ho un immagine come profilo di un vaso rotto ricostruito. è bellissima…dai giapponesi dovermmo imparare molto di più che il sushi… un bacione e buon compleanno a te…. (per il blog ti confido che anche io sono quasi al terzo anno di residenza on line)
Angela
errata corrige
mamma non mama
… Sei una forza, cara Angela, errata corrige inclusa!
Hai ragione, manca e mi manca una foto con te: visto che ci tengo anch’io, non ci resta che organizzarci per l’anno a venire 🙂
Non posso nascondere che i compleanni non stanno particolarmente simpatici nemmeno a me o meglio, mi correggo: non ho nulla contro quello degli altri, detesto solo il mio.
Eppure, quest’anno è successo qualcosa: invece di farmi chiudere in me stessa, pensieri, riflessioni e dolori mi hanno fatto superare il blocco – chiamiamolo così – che avevo verso il mio compleanno.
Pensa un po’ che si è verificato un piccolo fatto davvero straordinario: dopo molti anni, talmente tanti da non poterli quantificare, ieri mi è venuta voglia di spegnere una candelina. Così è stato, ho avuto la mia candelina.
E oggi, il giorno dopo, sono felice di aver fatto pace, finalmente, dopo tanto tempo, col mio compleanno: mi sento più leggera. Incasinata, come sempre (passami il termine), eppure più leggera.
Mi piace la tua visione, sai, mi piace che tu ti veda come un Highlander e mi piace la tua risposta a proposito degli anni.
Mi dispiace, invece, apprendere di tua suocera: ti prego di credermi se dico che sono sinceramente addolorata.
Grazie per gli auguri e per le risate (“dai giapponesi dovremmo imparare molto di più che il sushi”… lo ripeto, sei una forza): il tuo commento è stato un bellissimo regalo.
Ricambio il bacione,
Manu