Il talento e il genio di Walter Albini in mostra a Prato

Sono particolarmente felice di annunciare che, dal 23 marzo al 22 settembre 2024, il Museo del Tessuto di Prato celebra lo stilista Walter Albini (1941-1983) con una grande mostra curata da Daniela Degl’Innocenti ed Enrica Morini.

Walter Albini. Il talento, lo stilista è il risultato di un intenso lavoro di studio e ricerca condotto sull’intera vicenda professionale di Albini, assoluto protagonista della moda italiana tra la fine degli Anni Sessanta e i primi Ottanta del Novecento. L’omaggio a questo professionista eccezionale è assolutamente doveroso ed è questo il motivo per cui sono felice di annunciare la mostra.

L’attività di ricerca alla base del progetto espositivo (e del catalogo che lo accompagna) nasce in seguito a una cospicua donazione (oltre 1700 pezzi!) che il Museo ha ricevuto a più riprese tra il 2014 e il 2016. Si tratta di un ricco fondo di bijou, bozzetti, disegni, fotografie, documenti, libri, appartenuti proprio ad Albini e che documentano la sua grande capacità creativa e progettuale, dal periodo giovanile fino alla sua scomparsa. Leggi tutto

Ci vediamo in Bottega con sette grandi donne milanesi

Ricevo e volentieri condivido – Con grande entusiasmo contribuisco a dare voce a Ci vediamo in Bottega!, il nuovo programma autunnale di Galleria&Friends con le Botteghe Storiche del centro di Milano, in collaborazione con il Municipio 1.

Galleria&Friends Milano è il progetto che, da ottobre 2019, si è posto lo scopo di creare una rete tra alcune decine di Botteghe Antiche della città attraverso una serie di eventi culturali (qui ho parlato di alcune loro iniziative).

Prende ora avvio il nuovo programma che consiste in una serie di incontri spettacolari e appuntamenti ‘impossibili’ (ancora una volta a cura di Elisabetta Invernici e Alberto Oliva, i due fondatori del progetto) con sette grandi donne milanesi del Novecento: Antonia Pozzi, Krizia, Alfonsina Morini Strada, Valentina Cortese, Carla Fracci, Brunetta Mateldi e Maria Callas.

Sette donne per sette appuntamenti, dal 5 ottobre al 6 novembre 2022, aperti al pubblico a ingresso gratuito.

Sono preziose occasioni di incontro e conoscenza e lascio dunque volentieri la parola a Elisabetta e Alberto per tutti i dettagli di Ci vediamo in Bottega!

Manu

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La Boccardi, perché consiglio il libro con la sua biografia

Vivere nel presente, guardando verso il futuro e conoscendo il passato: è questa la filosofia con la quale cerco di vivere.
Mi piace godere appieno e fino in fondo di ciò che vivo, giorno per giorno, con una proiezione e un pensiero verso ciò che vorrei, programmandolo grazie alla forza che – a mio avviso – tutti noi possiamo trarre dalle lezioni insite in ciò che è stato.
Credo dunque fortemente nel futuro e nella necessità del progresso e, allo stesso tempo, amo la tradizione.
Penso infatti che esistano valori assoluti e senza tempo che nemmeno progresso ed evoluzione dovrebbero cambiare.
Credo, in generale, nel duro lavoro e nel talento che ognuno di noi possiede e che si esprime in tanti modi; credo nello studio e nella curiosità intellettuale.
Per quanto riguarda nello specifico la moda, sono convinta che essa sia un potente linguaggio e che debba veicolare bellezza autentica.
Credo, che, come ogni linguaggio, abbia i suoi codici e che per padroneggiarla – e non esserne invece posseduti – occorra conoscere quei codici, come creatori e stilisti, come comunicatori e giornalisti, come clienti e fruitori.
Credo in quegli stilisti che sono prima di tutto sarti e che sanno costruire abiti veri e non solo operazioni fatte di clamore.
Credo in quei comunicatori e giornalisti che non sono solo presenzialisti e che hanno la voglia di raccontare davvero la moda.
Credo che tutti noi dovremmo essere clienti e fruitori che non si accontentano di trend e diktat, ma che cercano ciò che davvero li rappresenta per costruire un codice e un linguaggio che siano autentici.

In questo periodo, ho scritto (ancora una volta) di quanto io detesti il vuoto clamore (qui) nonché di quanto il cosiddetto sistema moda si trovi oggi ad affrontare importanti problemi (qui).
Riassumo il mio pensiero in un’unica frase: produciamo troppi vestiti, realizzati da troppi marchi spesso in maniera non sostenibile né socialmente né ambientalmente, venduti nella stagione sbagliata, infine scontati per fare spazio alla collezione successiva.
Ho scritto che le settimane della moda in versione digitale difficilmente potranno sostituire del tutto le sfilate in presenza perché la moda si nutre di tante sensazioni: come editor e blogger, ho sempre preferito vedere una sfilata dal vivo, da vicino, proprio per poter godere della parte sensoriale, il movimento di un abito, la caduta, il fruscio del tessuto, la luce e le ombre.
Senza considerare il fattore umano: le settimane della moda non sono solo il momento della passerella, sono altrettanto importanti (se non di più…) le interazioni che si svolgono oltre la passerella, gli incontri con i designer e con tutta una serie di figure come giornalisti, fotografi, buyer, incontri che garantiscono confronti interessanti e costruttivi. E, proprio per questo, ho sempre amato anche press day e presentazioni stampa, per la possibilità di toccare un tessuto, accarezzarlo, parlare con uno stilista, ascoltare la sua voce, farmi trasportare mentre racconta la genesi di una collezione. Leggi tutto

Gioielli alla Moda, la preziosità intangibile della creatività

Ci sono cose o eventi che sono capaci di trasmettermi un entusiasmo incontenibile e inarrestabile.

Un esempio? La conferenza stampa e l’anteprima di una mostra che riguarda una delle mie più grandi passioni: il gioiello.

Non posso, dunque, non nutrire il grande desiderio di condividere con tutti voi il racconto di un evento molto speciale che mette al centro piccoli capolavori, pezzi di storia, esemplari significativi della bellezza che la nostra Italia sa e può produrre.

La mostra in questione presenta 500 gioielli realizzati dai più celebri maestri bigiottieri, da giovani talenti del design, da piccoli artigiani, da maison e griffe internazionali della moda: sono creazioni che dal dopoguerra a oggi definiscono lo specchio estetico di una società in evoluzione, raccontano le conquiste e le ambizioni femminili, illustrano i cambiamenti e gli avvicendamenti dello stile e anche del progresso tecnologico.

Questi 500 pezzi (tantissimi, un lavoro di cernita enorme) sono i protagonisti assoluti di Gioielli alla Moda, mostra aperta fino a domenica 20 novembre a Palazzo Reale a Milano, nelle splendide Sale degli Arazzi, una delle sedi espositive più prestigiose della città – fatto che mi riempie di grande orgoglio.

Sono infatti felice che una tale sede dedichi attenzione al gioiello attraverso un evento unico (promosso e prodotto da Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale, salone Homi) completamente dedicato al rapporto esistente tra gioiello e moda nelle sue intersezioni con il costume, la manifattura e – come già accennavo – la bellezza italiana.

Desidero anche porre l’accento su un altro elemento di grande prestigio: la mostra è curata da Alba Cappellieri, docente di Design del Gioiello e dell’Accessorio al Politecnico di Milano, una delle massime esperte del settore. Ecco perché parlo di evento speciale ed ecco perché lo è sotto ogni punto di vista. Leggi tutto

Sonia Rykiel, non solo la regina del tricot

Ammiro le persone che dimostrano di avere carattere e personalità.
Mi piace che una persona si distingua nel mestiere che fa, qualunque esso sia. Resto ancor più affascinata quando si tratta di donne in quanto diventano fulgidi esempi da seguire.
Per questo motivo ammiravo tanto Mariuccia Mandelli, la stilista che aveva scelto Krizia come proprio pseudonimo, nome preso in prestito dall’ultimo Dialogo incompiuto di Platone, quello incentrato sulla vanità femminile.
Nel 2013, dopo una sfilata, avevo avuto l’immenso onore di poterle stringere la mano: lo scorso dicembre, a 90 anni, se n’è andata. Nel mio cuore c’è un posto che sarà suo per sempre e ora, al suo fianco, ne riservo uno per Sonia Rykiel: appena ho saputo della sua morte, ho subito pensato alla signora Mandelli e mi è venuto istintivo unirle indissolubilmente nel fatto di essere donne di grande carattere e personalità, stiliste che hanno saputo diffondere e difendere la loro opinione a proposito della femminilità e dei possibili modi di interpretarla.

Sonia Rykiel, classe 1930, iniziò a disegnare abiti nel 1962 quando, durante la gravidanza, non riusciva a trovare vestiti che le fossero comodi.
Soprannominata regina del tricot, concentrò la propria creatività sulla lana, dandole la stessa importanza che altri stilisti riservavano a tessuti pregiati e riuscendo a portare la maglieria oltre la dimensione artigianale.
Il pezzo che le fece ottenere il titolo di regina del settore fu un piccolo pullover attillato a righe: il capo finì sulla copertina di Elle e diventò un simbolo di liberazione e seduzione nonché di uno stile sofisticato e ribelle. Le donne – e prime fra tutte celebrità quali Audrey Hepburn, Catherine Deneuve, Lauren Bacall, Brigitte Bardot – se ne innamorano.

La sua filosofia? No, ai total look, no ai diktat, no ai limiti imposti dall’età.
Per lei era la moda a doversi mettere al servizio del corpo femminile e non viceversa (e questo è uno dei motivi per cui l’ammiro); ogni donna doveva essere libera di creare il proprio guardaroba, celebrando liberamente le proprie forme.
I capi di Sonia Rykiel conquistarono la ribalta della moda perché parlavano un linguaggio schietto e perché coglievano i desideri delle donne degli anni ’70: lei regalò loro libertà di movimento e di espressione.
«È la donna che anima l’abito. Non può essere il contrario. La provocazione è la donna, mai quello che indossa», così era solita dire.

Nel 1985, ricevette la Légion d’honneur, l’onorificenza più alta attribuita dalla Repubblica Francese. Nel 1987, le celeberrime Galeries Lafayette ospitarono Vingt ans de mode, la prima grande retrospettiva a lei dedicata; nel 2008, fu invece il prestigioso Musée des Arts Décoratifs a dedicarle una mostra, sempre monografica e sempre a Parigi.
La Rykiel non ebbe paura di sperimentare anche per quanto riguarda la possibilità di collaborazioni inedite e nel 2009 firmò una collezione per H&M.
Nel 2012, rivelò di avere la malattia di Parkinson tenuta nascosta per molti anni, fino a quando le era stato possibile, proprio in nome di quel carattere forte che l’animava. La rivelazione avvenne attraverso la pubblicazione di un libro autobiografico intitolato N’oubliez pas que je joue, dove non esitò a descrivere tutti i segni visibili della patologia sul suo fisico, dai tremori alle difficoltà di deambulazione.

Ed è stato il Parkinson a portarla via il 25 agosto.
Ai suoi funerali, a Parigi, c’era anche Lionel Jospin, ex primo ministro e suo amico; come ultima dimora della stilista, la famiglia ha scelto il cimitero di Montparnasse.
Lì riposano, tra gli altri, grandi personalità della cultura e dello spettacolo tra i quali Charles Baudelaire, Guy de Maupassant, Samuel Beckett, Marguerite Duras, Simone de Beauvoir, Jean-Paul Sartre, Serge Gainsbourg, Susan Sontag, Philippe Noiret. Un luogo affine alla personalità e allo spirito di una donna che ha amato la moda, l’arte, la musica, i libri, la letteratura (fu autrice di nove romanzi), la buona cucina e il cioccolato e che era molto di più della regina del tricot.
Folgorò anche Andy Warhol che la ritrasse e le dedicò un’intervista.

Sonia Rykiel è stata dunque un emblema di unicità, anticonformismo e ribellione.

Non solo dal punto di vista professionale, ma anche sotto il profilo personale e perfino nella malattia che – purtroppo – avvicina il suo destino a quello di André Courrèges, altro stilista che amavo molto e che è mancato all’inizio di quest’anno.

In un’intervista a Elle, Madame Rykiel non nascose di amare il potere e aggiunse di aver «lavorato per ottenerlo».
«Penso che le donne e gli uomini di potere siano uguali. Ce ne sono di incapaci e di formidabili», affermò nella stessa occasione. «Ma se mi chiedete di citarne una esemplare, non so chi dire. Soprattutto tra le politiche. Non sanno conservare quel potere di seduzione e quella dolcezza, tipicamente femminili. Si comportano troppo da uomini».
Esattamente ciò che ho sostenuto a mia volta in un post recente: come pensava la stilista, anch’io sostengo che le donne, per essere accettate e per ricoprire certi ruoli, non debbano affatto comportarsi come gli uomini, ma trovare il proprio modo.

E a mio avviso, una delle sue dichiarazioni più belle fu qualcosa che disse a Elle sempre in quella stessa intervista, una frase che mi pare possa ben riassumere l’essenza del suo lavoro e della sua vita.
«Non mi considero una femminista. Amo così tanto gli uomini. Non amo il femminismo di bandiera, anche se ho sempre difeso la mia libertà. Non penso che tra donna e uomo vada cercata la parità. Ma l’uguaglianza.»

Non credo ci sia nient’altro da aggiungere se non un affettuoso augurio: bon voyage, Madame Rykiel.

Manu

Il ritratto di Sonia Rykiel viene dalla pagina Facebook del brand.
Si tratta dell’invito alla sfilata della collezione autunno/inverno 1978-1979
e mostra Sonia Rykiel ritratta da Sarah Moon

La Moda aiuta il Duomo e instaura un dialogo tra apparenza ed essenza

Ho espresso più volte, qui e in altre sedi, il mio entusiasmo per il fermento che sta animando Milano.

Sono felice di cogliere e sottolineare tutta una serie di elementi concreti che mi fanno ben sperare che la mia città torni a essere una delle protagoniste della vita culturale e sociale italiana: talvolta, mi sono spinta fino a esprimere il sogno di un nuovo Rinascimento.

Non mi pento di queste parole e di queste speranze, anzi, le riconfermo proprio ora: in questi giorni, la città è piacevolmente invasa dal movimento generato dal Salone del Mobile e dalla Design Week e devo dire che si respira un’atmosfera bellissima, allegra, vivace e vitale. Come se ciò non bastasse, giovedì mattina ho partecipato all’inaugurazione di un evento che ha dato ancor più senso al mio entusiasmo in quanto unisce due dei miei grandi amori, quello per Milano – appunto – e quello per la Moda (questa è una delle occasioni in cui il termine va scritto con la M maiuscola).

Da buona milanese, quando parlo di amore per la mia città non posso non pensare al Duomo, una delle più grandi cattedrali gotiche in Italia e in Europa.

Il Duomo è il simbolo che rappresenta il capoluogo lombardo nel mondo grazie a una straordinaria architettura frutto di una storia secolare: generazione dopo generazione, epoca dopo epoca, lo scorrere del tempo ha scolpito e plasmato il marmo della Cattedrale, unendo tecniche e soluzioni ideate e realizzate da sapienti artisti e artigiani. Leggi tutto

Piccolo ricordo personale della grande Mariuccia Mandelli

Non mi piace.
Non mi piace che troppe persone siano andate via lasciando spazi vuoti che non verranno più riempiti.
Non mi piace il fatto che, nell’ultimo anno, questo sia avvenuto spesso, portandomi a scrivere molte volte parole di cordoglio.
È successo per persone che consideravo amici, come Emanuele (ti penso sempre).
È successo per persone che consideravo autentiche icone e continua fonte di ispirazione, come Elio Fiorucci, Micol Fontana, Marie-Louise Carven, Lynn Dell, Manuela Pavesi.
E, ora, tocca a lei, a Mariuccia Mandelli in arte Krizia. È venuta a mancare improvvisamente domenica sera, per un malore: avrebbe compiuto 91 anni a gennaio.
Ho avuto l’enorme fortuna di assistere a tre delle sue sfilate: quando al termine lei usciva, tutta la sala esplodeva in un boato. E ho potuto parlarle brevemente in occasione della sfilata tenutasi il 19 settembre 2013, l’ultima alla quale ho assistito.
Ero entrata in backstage così come moltissimi dei presenti: la Signora Mandelli era seduta, attorniata da amici, giornalisti, addetti ai lavori; al suo fianco c’era il marito, Aldo Pinto.
Io ero lì e morivo, combattuta tra la mia istintiva ritrosia – non mi piace importunare in alcun modo le persone famose – e la voglia di stringerle la mano.
Devo dire grazie a un mio carissimo amico, Andrea Tisci, se, alla fine, mi sono fatta avanti: devo dire grazie a lui se ho potuto prendere la mano di Krizia tra le mie sussurrandole con la voce rotta dall’emozione tutta la mia stima e tutta la mia gratitudine.
Ricordo perfettamente che, davanti alla mia emozione, lei mi ha guardata quasi meravigliata come se il suo pensiero fosse “ma no, dai, per me?”. E mi ha sorriso.
Sì, per lei, Signora Mariuccia. E glielo dico ancora oggi, le dico grazie un milione di volte.
Non la dimenticherò mai, non dimenticherò mai quel nostro piccolo momento per me così importante.
E non dimenticherò che, fin dagli anni ’60, insieme ad un pugno di altri grandi stilisti e anticipatori del made in Italy, lei partì alla conquista del mondo con la sua moda fatta di lamé plissettato, shorts, costruzioni geometriche e un bestiario nel quale brillava la pantera, animale del quale fece il suo portafortuna nonché uno dei suoi motivi iconici, spesso presente, stampato o ricamato, su maglie e abiti.
Dicono che Mariuccia Mandelli non avesse un carattere facile e pare che il soprannome Crazy Krizia le fosse stato attribuito non solo per la capacità di anticipare o meglio sovvertire le tendenze portando tante innovazioni, ma anche per il carattere volitivo e tutt’altro che morbido: le sue sfuriate erano famose, ma altrettanto noti erano i suoi slanci di generosità nonché l’impegno costante e in prima linea per fare di Milano la capitale del made in Italy.
Chi la conosceva bene la descriveva come una persona forte, battagliera, difficilmente addomesticabile (soprattutto dalle false lusinghe) e non asservita, ironica, indipendente e dotata di uno spirito imprenditoriale da vera pioniera. Qualcuno dice anche che talvolta risultasse schiva fino all’antipatia.
Greta Vittori, addetta all’ufficio stampa di Krizia dal 2003 al 2007, in un’intervista rilasciata a FashionTimes, descrive la Signora Mandelli come “una donna che si è ritagliata un pezzo di storia, andava contro corrente, una donna che non aveva paura di dire le proprie idee, una donna di cultura, antesignana” e dice anche che “aveva la capacità di farti sentire in paradiso, amata, coccolata, rispettata, ascoltata, e con la stessa capacità ti faceva scendere all’inferno”. “Una mosca bianca in un mare di fatiscenza e conformismo”, conclude.
In una recente intervista al Sole 24 Ore, la stessa Mariuccia Mandelli aveva fatto una dichiarazione schietta e senza peli sulla lingua, come sempre: “La mia donna è libera, capace di divertirsi con quello che indossa. Non ho mai avuto delle icone femminili, dei modelli. Purtroppo oggi c’è troppa tendenza a cercare approvazione, si cerca di essere trendy, ma credo che quando si cerca di esserlo si è già fuori dalla moda”.
Penso che in questa frase ci sia l’essenza di quel suo carattere definito non facile, del suo andare contro corrente, del suo coraggio di essere fedele alle proprie idee.

Ho riletto l’articolo che scrissi nel 2013, dopo il nostro incontro: riporto alcune delle parole che scrissi in quella occasione e che penso ancora, oggi più che mai.

“Ci sono nomi ai quali ci si deve approcciare con tutto il grande rispetto che meritano. E con l’emozione necessaria.
Uno di questi casi, per me, è quello di Krizia: è stato grazie a lei e a pochi altri che, tanti anni fa, mi sono innamorata irrimediabilmente e incurabilmente di quell’Arte che è la Moda – e in questo caso lo scrivo con la M maiuscola.
(…) Vorrei dire una cosa a tutti gli stilisti, giovani e meno giovani, e ai loro uffici stampa: questa è una Signora, questa è una Signora che il pubblico ama e amerà e che è e resterà un mito e un’icona.
Per entrare nel mito non serve fare gli spocchiosi, atteggiarsi a esseri divini, rendersi irraggiungibili, trattare le persone con sufficienza, perché entrare nel mito non è un evento che si può progettare a tavolino: sono gli altri a riconoscerci la grandezza, se e quando c’è. Il vero talento, il duro lavoro, l’autentica passione: sono questi gli ingredienti che contano nel tempo e che fanno sì che uno stilista o una maison non siano una moda passeggera destinata a durare solo il susseguirsi di poche stagioni.
La mia non è una polemica, è solo la considerazione di una persona che non scorderà mai di aver stretto la mano a una delle sue Maestre e che non scorderà mai la semplicità con cui lei si è donata. Vi prego, prendete appunti e non per me né per altri bensì per il bene e per l’amore di quella Moda che voglio scrivere ancora una volta con la M maiuscola.
(…) Grazie Signora Mandelli. Con tutto il mio cuore.
Per la bellezza che ha sparso per il mondo, per ciò che mi ha insegnato, per avermi regalato il momento più emozionante della giornata e sicuramente di tutta la settimana della moda. L’istantanea che porterò nel cuore, per sempre.”

È l’istantanea che porto nel cuore oggi, sì, e – in mezzo a questa onda di dispiacere – mi consola un pensiero.
A fianco a lei, alla Signora Mariuccia, domenica sera c’era il marito, l’uomo che le è stato accanto nel privato e sul lavoro per 50 anni e fino all’ultimo momento.
Proprio come quel giorno in cui l’ho conosciuta io.
A lui, al Signor Pinto, va il mio cordoglio per la perdita della compagna della vita.

Manu

I miei piccoli ricordi: la foto in alto, opera del mio amico Andrea, ritrae la Signora Mariuccia Mandelli e la sottoscritta il 19 settembre 2013 (tengo molto a questa immagine, tant’è che da allora è presente nello slider in home page del blog); l’articolo che ho scritto il 4 ottobre 2013; le foto che ho fatto in occasione della mia prima sfilata Krizia del 20 settembre 2012 e una delle foto di Mariuccia Mandelli al termine di quella sfilata.
Mi fa piacere dare il link dell’intervista rilasciata da Greta Vittori a Fashion Times.
E concludo col link di uno splendido articolo datato 11 agosto 2012: la giornalista Angela Puchetti racconta la storia d’amore tra Mariuccia Mandelli e Aldo Pinto.

Il sapore dei gioielli di gusto? Un po’ serio e un po’ surreale

Un paio di settimane fa, qui su A glittering woman, ho parlato di un rapporto particolare e molto creativo, quello tra moda e cibo.

Concludendo il post, ho accennato a una mostra importante: oggi torno a parlarne con gioia poiché giovedì sono stata all’inaugurazione e vi dico subito che l’esposizione è bellissima e che merita una visita.

Si intitola Gioielli di gusto e si tiene a Palazzo Morando, a Milano: l’intento è chiaro anche grazie al sottotitolo, offrire racconti fantastici tra ornamenti golosi.

Aperta dal 18 settembre all’8 dicembre 2015, la mostra si propone come un punto di incontro fra cibo e ornamenti: sono esposti circa 200 affascinanti pezzi d’autore, in un fantastico mix di gioiello, bijou e accessorio moda.

Il tutto propone una riflessione seria ma anche divertente, perché se nell’ambito del gioiello prezioso il cibo è presente da sempre (esistono testimonianze e reperti risalenti al IV secolo avanti Cristo) con significati spesso allegorici (mi viene subito in mente il melograno), con l’avvento del bijou il rapporto è diventato invece surreale, ironico e talvolta anche provocatorio. Leggi tutto

La moda che verrà # 8: Krizia primavera / estate 2014

Ci sono nomi ai quali ci si deve approcciare con tutto il grande rispetto che meritano. E con l’emozione necessaria.

Uno di questi casi, per me, è quello di Krizia: è stato grazie a lei e a pochi altri che, tanti anni fa, mi sono innamorata irrimediabilmente e incurabilmente di quell’Arte che è la Moda – e in questo caso lo scrivo con la M maiuscola. Questa è dunque sì la cronaca di una sfilata, ma una cronaca che parte da una prospettiva un po’ diversa: se avrete la pazienza di seguirmi, capirete perché e dove voglio arrivare.

Mariuccia Mandelli, in arte Krizia, è nata a Bergamo, Wikipedia dice nel 1925, la Treccani dice nel 1932: poco importa, non starò a fare il conto preciso degli anni, perché con un’icona vivente non si fa. E se un poco avete imparato a conoscermi, sapete che non uso parole come icona o mito a caso. La Signora Mandelli è una delle grandi protagoniste della moda italiana e premi e riconoscimenti che ha ricevuto non si possono nemmeno contare, senza parlare delle numerose mostre che le sono state dedicate dai più importanti musei di tutto il mondo, dalla Triennale di Milano al Museo di Arte Contemporanea di Tokyo passando per il Guggenheim Museum di New York.N

Nel 1985, Krizia ha dato vita all’omonimo Spazio, un teatro polifunzionale in via Daniele Manin a Milano: in grado di accogliere oltre seicento persone, è uno spazio flessibile e facilmente trasformabile grazie ad un sistema di soppalchi e di pedane mobili. Dall’anno dell’inaugurazione, stagione dopo stagione, ospita le sfilate delle sue collezioni e numerosi eventi, aperti principalmente a scrittori, musicisti e designer: Ettore Sottsass, Isabel Allende, Sting e Dario Fo sono solo alcuni degli ospiti saliti sul palco del teatro. Leggi tutto

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