La mia client interview per Bivio Milano che compie 10 anni

Il fatto che io ami e sostenga la moda circolare non è un mistero: ne parlo in questo sito, in vari articoli per altre testate, attraverso i social.

La moda circolare si innesta naturalmente nel concetto di economia circolare: è un cerchio nel quale i materiali continuano a girare senza mai perdere la loro utilità, attraverso riciclo (recycle) oppure rigenerazione (upcycle), ovvero quel tipo di riciclo che permette al nuovo prodotto di valere perfino di più rispetto a prima.

Nell’idea di circolarità, possiamo far rientrare vintage e second hand, due formule che amo particolarmente e che permettono che gli oggetti restino in circolo nella loro completezza.

Dopo decenni di sfrenato consumismo e in un momento storico in cui gira meno denaro rispetto al passato (per esempio rispetto ai goderecci Anni Ottanta), penso che allungare il ciclo di vita di oggetti e capi sia un’ottima idea, a beneficio delle nostre tasche, appunto, e a beneficio dell’ambiente.

Lego dunque l’amore verso vintage e second hand anche a motivazioni etiche tra le quali la sostenibilità, ambientale e sociale poiché la conseguenza di ogni forma di circolarità in ambito abbigliamento è infatti una moda più sostenibile, più etica e più responsabile. E, visto che lavoro proprio in tale ambito, sono particolarmente conscia di quanto sia necessario produrre meglio e meno, per rispetto verso le persone e verso il nostro pianeta.

Ho scritto “anche” parlando di motivazioni in quanto, in aggiunta al lato etico e responsabile, apprezzo il fatto che capi e oggetti godano di una seconda vita perché mi piace la Storia, quella con la S maiuscola, e mi piacciono le storie, quelle piccole e quotidiane di ogni giorno; sono dunque affascinata da tutto ciò che è appunto testimone di Storia, storie e significati e auspico che non vada perso. Leggi tutto

Osoppo Theatre Valentina Cortese, il primo al mondo dedicato all’attrice

Venerdì 14 ottobre ho partecipato alla conferenza stampa con la quale è stata annunciata la nascita di Osoppo Theatre Valentina Cortese, il primo teatro al mondo a portare il nome della grande attrice italiana scomparsa nel 2019 a 96 anni.

Il Teatro si trova a Milano nell’omonima via Osoppo al civico 2, all’angolo con piazzale Brescia: immaginate un palcoscenico di 70 mq con una platea di 299 posti, tende e poltrone in velluto blu, un atrio dove sostare, un guardaroba e un piccolo bar adiacenti al Centro Culturale. Non mancano ingresso e posti per persone con disabilità – com’è giusto che sia.

È questo lo scenario di Osoppo Theatre Valentina Cortese, destinato a ospitare un ricco calendario di spettacoli, serate teatrali e cinematografiche, mostre, eventi, dibattiti così come piace ad Antonio Zanoletti, il direttore artistico.

Insieme a Elisabetta Invernici, giornalista e storica del costume, Zanoletti condivide da dieci anni il progetto dedicato alla diva non solo nostra, ovvero italiana, ma internazionale (qui avevo già parlato di un’altra loro iniziativa).

«Sfida di Osoppo Theatre Valentina Cortese – spiega Zanoletti –  è la creazione di un “ponte fra culture”: per questo anche la volontà di chiamarsi THEATRE e non TEATRO, non certo per bizzarria esterofila.» Leggi tutto

Dal 27 al 30 maggio si tiene l’iniziativa Scopri le Botteghe Museo

Elisabetta Invernici e Alberto Oliva sono due persone e professionisti che stimo: tra le tante attività delle quali si occupano figura un progetto estremamente interessante e che apprezzo molto.

Il progetto si chiama Galleria&Friends (ne ho parlato qui) e, dopo averlo lanciato e aver pubblicato uno splendido volume intitolato Bottega Milano (ne ho parlato qui), Elisabetta e Alberto lanciano ora una nuova iniziativa.

Parte così SCOPRI LE BOTTEGHE MUSEO, un’iniziativa speciale legata a Galleria&Friends, progetto nato a ottobre 2019 per promuovere l’anima storica delle botteghe artistiche e artigiane di Milano e Lombardia e il loro ruolo di presidio culturale.

La nuova iniziativa di Elisabetta e Alberto va in scena dal 27 al 30 maggio 2021 e prevede webinar e workshop, tour guidati a orari scaglionati per cinque persone ciascuno, così da coinvolgere i partecipanti in una esperienza unica e irripetibile per conoscere le Botteghe Museo, luoghi tra i più preziosi del nostro territorio.

Le Botteghe Museo, selezionate fra i migliori indirizzi storici e di tradizione – presenti a Milano da oltre cinquant’anni – vantano collezioni artigianali, produzione Made in Italy e bellezza architettonica della location.

Negli anni hanno saputo salvaguardare collezioni storiche di alto valore artistico con pezzi autentici dei secoli scorsi, catalogati e custoditi in apposite teche. Si tratta di pezzi che non sono mai stati – e mai saranno – messi in vendita perché considerati patrimonio familiare dei titolari: la condivisione al pubblico di queste collezioni storiche costituisce dunque un valore immenso e squisitamente sociale e culturale.

Con la consulenza dei curatori Elisabetta Invernici e Alberto Oliva, SCOPRI LE BOTTEGHE MUSEO propone tour monografici o collettivi alla scoperta di massimo tre Botteghe per volta: gli stessi titolari saranno a disposizione dei visitatori per raccontare la propria storia e spiegare i segreti del mestiere secondo specifiche competenze.

È con grande entusiasmo che condivido questa splendida iniziativa e – ben volentieri – condivido il link al quale potete trovare l’elenco di tutti gli eventi – ovvero: il webinar L’imprenditore e il Vate di giovedì 27 maggio ore 11 (in diretta streaming sul canale Facebook), il tour Alleati di bellezza di venerdì 28 maggio ore 15, il tour Il gusto del particolare di sabato 29 maggio ore 11 e – last but not least – il tour Laboratorio d’eccellenza di domenica 30 maggio alle ore 11.

Al link che ho indicato (e che nuovamente ripeto) trovate tutti i dettagli e la modalità di prenotazione: concludo sottolineando che l’iniziativa gode del patrocinio del Comune di Milano e del Consiglio Regionale della Lombardia e aggiungo un piccolo consiglio, quello di non aspettare troppo per prenotare, visto i pochi posti disponibili.

Manu

 

Bottega Milano, il volume che permette di vedere un nuovo Rinascimento

«Sia Milano come un alveare.
Voi pensate che i tempi siano cattivi.
I tempi sono pesanti, i tempi sono difficili.
Ma vivete bene e muterete i tempi.»

Sono parole di Aurelio Ambrogio, conosciuto da tutti come sant’Ambrogio.
Vescovo, teologo, scrittore, è una delle personalità più importanti nella Chiesa del IV secolo tant’è che viene annoverato tra i quattro massimi dottori della Chiesa d’Occidente ed è il patrono di Milano assieme a san Carlo Borromeo e san Galdino.
Ambrogio fu vescovo della città dal 374 fino alla morte e Milano ospita la basilica a lui dedicata e che ne conserva le spoglie.

Una leggenda narra che, mentre Ambrogio bambino dormiva nella sua culla, uno sciame di api si posò improvvisamente sulla sua bocca dalla quale esse entravano e uscivano liberamente, senza pungerlo: lo sciame si levò poi in volo perdendosi alla vista degli astanti.
Tale leggenda è anche il soggetto di un dipinto di Paolo Camillo Landriani, detto Duchino: ‘Il miracolo delle api’, risalente alla prima metà del XVII secolo, è conservato presso la Pinacoteca del Castello Sforzesco (potete vederlo qui).
In ricordo di tale leggenda, Sant’Ambrogio è considerato il patrono delle api, degli apicoltori e dei fabbricanti di cera.

L’essere patrono delle api ha un valore fortemente simbolico visto che questi esseri meravigliosi rappresentano l’operosità e non solo quella tradizionalmente riconosciuta ai milanesi, ma a tutti coloro che si impegnano nel lavoro, con combattività, spirito di sacrificio e di abnegazione. Leggi tutto

Galleria&Friends Milano, guida al meglio delle Antiche Botteghe in città

Scorcio sull’ingresso della Galleria Vittorio Emanuele dal Duomo
e un dettaglio della mappa con le Antiche Botteghe di Galleria&Friends Milano

«Two is a coincidence, three is a trend.»

Così recita un aforisma in lingua inglese: spesso riassunto semplicemente in «three is a trend», sta a indicare come un evento possa essere diversamente considerato e interpretato in base al numero di volte in cui si verifica.

Un fatto che si verifichi due volte potrebbe (anche) essere una coincidenza ma – come diremmo in italiano – tre indizi fanno invece una prova.

E io, oggi, vorrei menzionare tre fatti (o tre indizi) che conducono a una teoria che desidero dimostrare.

Primo fatto: ottobre 2019, viene lanciato il progetto Galleria&Friends Milano il cui scopo è creare una rete tra una trentina di Botteghe Antiche della città attraverso una serie di eventi culturali.

Secondo fatto: novembre 2019, il sindaco di Milano Giuseppe Sala nomina 60 nuove Botteghe Storiche, portando il totale in città a quota 549 insegne. Nota che considero importante: per ottenere il riconoscimento di Bottega Storica un esercizio deve essere attivo da almeno 50 anni nel medesimo comparto merceologico (a prescindere da eventuali cambi di titolarità) e deve conservare totalmente o in parte i caratteri costruttivi, decorativi e di interesse storico o architettonico.

Terzo fatto: gennaio 2020, viene presentato a Milano il logo che identifica il Marchio Storico d’interesse nazionale. Obiettivo di questo nuovo strumento che il Governo mette a disposizione alle imprese italiane è «quello di tutelare la proprietà industriale delle aziende storiche italiane, le nostre eccellenze, nella sfida verso la valorizzazione del Made in Italy, l’innovazione, la sostenibilità, la competitività internazionale», così come si legge nel sito del Mise, il Ministero dello Sviluppo Economico.

A quale teoria conducono questi tre fatti? Cosa desidero sostenere e provare? Leggi tutto

DressYouCan ospita House of Mua Mua: a Milano, moda e charity per YPAC Bali

Quest’anno, per Natale, ho deciso di dare un taglio particolare ai miei consigli / non consigli per regali diversi: così, dopo aver parlato del progetto YOUth (qui) e di Una Culla per la Vita by Buzzi Onlus (qui) nonché de Il Mondo di Allegra (qui – via Instagram), oggi chiudo il cerchio tornando nuovamente a parlare di impegno sociale con l’iniziativa intrapresa da DressYouCan insieme a House of Mua Mua.

Fino al 24 dicembre, l’atelier milanese di DressYouCan, interessante realtà di fashion renting, ospita infatti una speciale vendita natalizia in collaborazione con House of Mua Mua, il brand fondato da Ludovica Virga: niente noleggio, stavolta, ma acquisti per una buona causa, ovvero sostenere l’associazione YPAC di Bali, scuola residenziale per bambini con disabilità fondata nel 1975.

Nel negozio di via Gian Giacomo Mora, a due passi dalle Colonne di San Lorenzo, oltre alle irriverenti creazioni moda del brand di Ludovica, sarà possibile acquistare anche le sue Mua Mua Dolls (che vedete qui sopra), creazioni che nascono dalle mani di donne e anziani balinesi: sono simpatiche (e ironiche) bambole, fatte all’uncinetto e cucite a mano, che rappresentano volti noti e icone della moda come Coco Chanel, Anna Wintour, Franca Sozzani e Karl Lagerfeld.

Da sempre House of Mua Mua ha a cuore Bali ed è proprio lì che, nel 2006, è nato il marchio: Ludovica, designer e mente creativa, decide di produrre bamboline realizzate all’uncinetto dagli abitanti dell’isola rimasti senza lavoro a causa di un turismo sempre più in crisi dopo lo tsunami del 2004.

Oggi House of Mua Mua è diventato un brand di ready-to-wear e accessori donna rivenduto nei più importanti concept store ed e-commerce di tutto il mondo e ha conquistato anche numerose celebrità internazionali per il suo spirito ironico e irriverente e – non ultimo – per il risvolto umanitario.

È dunque un’ottima occasione per fare del bene e anche per scegliere un dono natalizio che farà sicuramente piacere a tutte le appassionate di moda: DressYouCan è l’unica realtà milanese a ospitare House of Mua Mua, proponendo sconti fino all’86% e parte del ricavato sarà devoluto a sostegno di YPAC.

Io ci faccio un salto…

Manu

 

Se volete approfondire…

Come vi ho già raccontato, House of Mua Mua nasce nel 2006: Ludovica Virga, designer e mente creativa, decide di produrre bamboline realizzate all’uncinetto dagli abitanti dell’isola rimasti senza lavoro a causa di un turismo sempre più in crisi dopo lo tsunami del 2004. La prima creazione di Ludovica, per tutti Luvilu, nasce come regalo per un caro amico.
Il successo arriva nel 2009 quando, durante una sfilata Chanel a Venezia, Ludovica incontra Karl Lagerfeld e gli fa dono di una Mua Mua doll con le fattezze del Kaiser della Moda il quale inizia poi una collaborazione con la designer italiana: nel 2012, le commissiona più di 500 bambole da vendere nei negozi Lagerfeld.
Il  successo è immediato e Mua Mua diventa un marchio conosciuto dagli addetti ai lavori: la famiglia di bamboline all’uncinetto si arricchisce di nuovi personaggi tra i quali Anna Wintour, Coco Chanel, Franca Sozzani, Lady Gaga.
Oggi, grazie alla creatività di Luvilu e alla sua visione ironica del mondo della moda, House of Mua Mua è diventato un marchio venduto nei concept store ed e-commerce di tutto il mondo: le creazioni spaziano dalle iconiche bambole a divertenti t-shirt oltre a una linea di accessori che ha conquistato celebrità e it-girl internazionali.
Ma House of Mua Mua continua a essere anche una realtà con uno spiccato aspetto umano: ogni bambola viene infatti realizzata a Bali in zone rurali dove abitano donne e anziani che vivono in condizioni difficili, mentre parte del ricavato della vendita della collezione viene donato a una scuola a Sumbawa per aiutare e sostenere l’istruzione femminile.
Qui trovate il sito e qui trovate l’account Instagram.

Lo showroom DressYouCan ha sede a Milano a due passi dal Duomo, davanti alle Colonne di San Lorenzo e precisamente in Corso di Porta Ticinese angolo Via Mora.
La fondatrice è Cristina che lo gestisce insieme a Priscilla e Gloria: il negozio, con ingresso libero, è aperto 6 giorni su 7 (lunedì 13.30-19.30; martedì-sabato 10.30-13-30; 14.30-19.30).
È come se fosse un armadio infinito poiché è possibile noleggiare abiti, scarpe e borse per comporre outfit per occasioni speciali, da un cocktail party a un matrimonio, inclusa la possibilità di noleggiare un abito da sposa!
Qui trovate il sito, qui trovate l’account Instagram.

YPAC è una scuola residenziale per bambini con disabilità: è stata fondata nel 1975 da Nyonya Sukarmen, moglie dell’allora governatore di Bali.
Nel 1981 la scuola è stata ufficialmente riconosciuta dal governo indonesiano: ospita bambini e ragazzi di entrambi i sessi, di età varia e con vari tipi di disabilità.
Qui trovate il gruppo Facebook che fa capo alla scuola e qui trovate l’account Instagram.

Pasticceria Angela Milano + Angelina Made in Milano = una nuova formula

Innamorata più che mai di Milano, la mia città, e sempre in cerca di idee nuove e di persone coraggiose in grado di concretizzarle, oggi vi racconto un nuovo progetto che mette insieme il mondo della pasticceria e del bijou: i protagonisti sono la Pasticceria Angela Milano e il brand Angelina Made in Milano.

La Pasticceria Angela Milano ha la propria sede storica in un edificio della vecchia Milano in via Ruggero di Lauria 15: fondata nel 1979 dalla famiglia Di Clemente, continua a riservare alla sua clientela una vasta gamma di prodotti di produzione rigorosamente propria, con ricette storiche personalizzate e rielaborate, ricercate ma allo stesso tempo rispettose della tradizione.

A gestire la pasticceria sono Angela e Luigi con il figlio Luca: i tre hanno deciso di aprire un secondo punto vendita in via Carlo Ravizza 6 con la formula di una piccola boutique – pasticceria in partnership con Angelina Made in Milano, il marchio creato dalla giornalista Cristiana Schieppati, creando un nuovo modo di vivere la dolcezza a 360°.

La pasticceria che fa bella mostra di sé in via Ravizza è prodotta nello storico laboratorio di via Ruggero di Lauria dove Luigi Di Clemente, il fondatore nonché pastry chef, crea specialità della tradizione italiana e non solo, invitando tutti i buongustai a colazione (con oltre 13 diversi tipi di brioche), pranzo e aperitivo.

Nel segno della continuità, il nuovo punto vendita è allestito affinché sia possibile gustare proposte dolci e salate, incluso il caffè Angelina, un café gourmand con assaggio di dolci tutti di produzione giornaliera (oltre che artigianale, naturalmente); all’interno dello spazio trova inoltre ospitalità il mondo di Angelina Made in Milano, bijou in argento 925 con pietre semi-preziose, orecchini con smalti colorati, bracciali dell’amicizia e anelli golosi proprio come dolci. Leggi tutto

Maio Restaurant, un restyling all’insegna della contemporaneità

Mi piace scoprire bellezza e talento, senza preclusioni e senza ‘compartimenti stagni’, spaziando in ogni direzione possibile; mi piace l’idea di condividere tali scoperte e di includere in un ideale circolo virtuoso quante più persone possibili, usando la straordinaria possibilità dataci oggi dal web e dai social network.

Ho espresso tante volte questo pensiero, ma ogni tanto mi piace ribadirlo, perché è qualcosa in cui credo profondamente e che per me è estremamente importante.

Condivido pertanto con piacere ed entusiasmo un’esperienza fatta poco prima della Fashion Week che mi ha poi travolta, come sempre, motivo per il quale trovo modo di scriverne solo oggi: l’esperienza mi ha dato l’opportunità di toccare con mano l’ospitalità di Maio Restaurant, una realtà ricca di sfaccettature tra tradizione e contemporaneità, Made in Italy e respiro internazionale.

Maio Restaurant è un punto di riferimento gourmet in una location che non ho paura a definire unica: si trova al settimo piano della Rinascente di Milano, di fronte alle guglie del Duomo che sembrano così vicine da poterle toccare.

Alla location mozzafiato si unisce una solida filosofia secondo il pensiero dei proprietari, i fratelli Alessandro e Massimo Maio, membri di una famiglia che è attiva nel settore della ristorazione d’eccellenza dal 1976.

Amore (anzi passione) per il mestiere, serietà, concretezza e rispetto del lavoro dei collaboratori: sono le basi sulle quali la famiglia ha costruito nel tempo un percorso solido e una altrettanto solida reputazione. Leggi tutto

Couturier Maestri d’Arte, un concept store dalla Sicilia a Milano e oltre

Un bozzetto della location di Couturier Maestri d’Arte

Credo che, grazie a questo sito e attraverso tutti i miei canali social, sia ormai nota quella che è la mia più grande passione: il talento.
Sostenere la capacità in ogni sua declinazione e contribuire a far conoscere e circolare le varie forme che il talento può assumere; tutto ciò è quasi una missione che mi dà gioia, lo confesso.

È dunque con estremo piacere che condivido la notizia dell’inaugurazione a Milano di un progetto che ha tutto il potenziale per cambiare le attuali logiche del mercato per quanto riguarda cultura e moda (e io lo spero vivamente).

Il progetto al quale mi riferisco si chiama Couturier Maestri d’Arte e non è un negozio e nemmeno una casa di moda: tra mecenatismo contemporaneo e incubatore d’impresa, quello che l’imprenditrice siciliana Raffaella Verri ha ufficialmente presentato alla stampa lo scorso 28 febbraio nel concept store posto tra Largo Donegani e via della Moscova è piuttosto un progetto imprenditoriale che, dando voce a creativi emergenti, mira a rilanciare il concetto di lusso.

Si punta infatti su due elementi – unicità e valore dell’esperienza – per contrastare l’omologazione, vendere manufatti unici, esportare genialità italiana e – perché no – creare un nuovo fermento creativo: protagonisti del concept store e del racconto sono giovani stilisti, artisti, fotografi e creativi.

Couturier Maestri d’Arte propone prodotti e servizi di elevato livello qualitativo e, se la cifra stilistica del progetto è l’eleganza della Sicilia di una volta, il linguaggio è invece molto attuale.

«Eccellenze dell’arte, della moda, della fotografia, del gioiello, dell’architettura, ma non solo: attraverso una selezione accurata di artisti e brand vorrei raccontare l’infinito patrimonio culturale e artistico siciliano. I veri protagonisti saranno talenti capaci di lavorare sull’unicità che caratterizza ogni persona»
Così racconta la Verri ed ecco perché parlo di mecenatismo contemporaneo. Leggi tutto

Se una milanese innamorata decide di parlare della Pescheria Spadari…

Martedì sera ho inaugurato il periodo degli aperitivi natalizi con un impegno al quale tenevo molto, ovvero il Christmas Cocktail della Premiata Pescheria Spadari.

Perché ci tenevo così tanto?
Ve lo riassumo in quattro punti.
1 – Da milanese assai orgogliosa, tengo molto ai luoghi storici e la Pescheria Spadari è – che io sappia – la più antica e longeva della città: è stata fondata nel lontano 1933, ben 85 anni fa!
2 – Mi piace chi conta su storia e tradizione ma non vi si adagia, bensì al contrario accetta e sposa nuove sfide.
3 – Mi piace chi accetta le sfide del digitale senza snaturare il proprio DNA e senza dimenticare il rapporto fiduciario con la propria clientela.
4 – Last but not least… adoro il pesce!

Dunque… considerato che il pesce della Pescheria Spadari è sempre meravigliosamente fresco e visto che hanno deciso di introdurre tutta una serie di novità quanto a proposte e servizi, ero curiosissima di andare a verificare il tutto di persona.

Il risultato della spedizione mi ha tanto soddisfatta da decidere di dedicare un post a questa storica istituzione meneghina, anche perché mi piacerebbe poter dare uno spunto per pranzi, aperitivi e cene anche in vista del Natale.

Ho definito storica la Pescheria Spadari e credo di poterlo fare per ben due motivi: per la posizione nell’omonima via a due passi da Piazza del Duomo, nel cuore di Milano, e per la longevità.

Come raccontavo in principio, il locale ha infatti visto gli albori nel 1933 grazie alla grande passione di Giovanni Battista Bolchini che, con la sua attività, ha contribuito anche a creare in quegli anni una nuova e originale immagine del pescivendolo, presentandosi in cravatta e panciotto.
Quando si dice avere stile…

Il successo della Pescheria Spadari è stato immediato e ha spinto ben presto Bolchini a creare una società con altri esperti del mestiere, Franco Campiglio e suo fratello Alfonso; per poter far fronte alla sempre maggior richiesta da parte della clientela, a loro si è poi aggiunto Gaudenzio Maffezzoli.

La passione e il forte senso del dovere dei soci hanno fatto sì che persino durante la Seconda Guerra Mondiale, nonostante gli sfollamenti di massa, la Pescheria Spadari abbia sempre regolarmente aperto i battenti ogni giorno (… altro moto di orgoglio).

Nella città della moda e della finanza, anno dopo anno, la bottega è cresciuta costantemente e ha acquistato prestigio e grande notorietà, tanto da essere stata menzionata perfino in una canzone dei menestrelli meneghini Cochi e Renato.
«Il mare l’abbiamo avuto anche a noi a Milano (…) che c’è ancora il pesce adesso in via Spadari»: così cantava il famoso duo di cabaret pensando proprio alla Premiata Pescheria Spadari.

Ancora oggi l’attività è saldamente in mano agli eredi delle famiglie dei soci originari: anche grazie al loro contributo, la Pescheria Spadari ha ricevuto nel tempo numerosi premi e riconoscimenti, a testimonianza dell’importante ruolo svolto nel creare l’identità storica del commercio alimentare – e della cultura ittica – nel capoluogo lombardo.

Dicevo che, durante gli 85 anni di attività, il prestigio di questa bottega storica è cresciuto costantemente, anche per l’abilità di evolversi in modo coerente con i cambiamenti del mercato e la capacità di adeguare l’offerta dei servizi.

Alla tradizionale offerta di pesce fresco è stato per esempio affiancato un servizio di cucina molto apprezzato: la Pescheria lo propone durante le ore di pausa pranzo – dal martedì al venerdì dalle 12:30 alle 14:30 – con un’ampia scelta di piatti preparati da un eccellente staff.

Non solo: sull’onda della dilagante street food mania, Pescheria Spadari apre (anche fisicamente!) la sua vetrina per offrire un servizio di pesce da passeggio con panini di pesce, insalate di mare, coni di frittura, un pranzo leggero e sfizioso da gustare passeggiando per le vie del centro.

Il servizio si è ulteriormente ampliato con l’inaugurazione del Bistrot che è aperto anche in fascia serale (da mercoledì a sabato dalle 19:30 alle 22:30) nonché di sabato e domenica (dalle 12:30 alle 14:30).

Volontà di Pescheria Spadari è quella di restare ancorata alle tradizioni che la contraddistinguono da sempre, ovvero la qualità assoluta del pesce fresco e la disponibilità nei confronti della propria clientela; nello stesso tempo, c’è il preciso desiderio di adeguarsi a un modo di comunicare e di servire moderno e veloce.

Da qui nasce la necessità di soddisfare i bisogni di un nuovo pubblico (così come sempre fatto con quello cosiddetto storico) creando proposte e servizi volti a soddisfare tutte le esigenze: cito la possibilità di prenotare online pacchi di Natale personalizzabili.

Per i più indecisi, invece, ci sono perfino le gift card in tre diverse fasce di prezzo, acquistabili anch’esse online.

(Messaggio subliminale per chiunque desideri farmi un regalo: io apprezzerei sia i pacchi sia le gift card…)

Uno sguardo al digital senza mai però dimenticare il rapporto diretto con la clientela: Pescheria Spadari ha creato la infoline 353/3691263 alla quale è possibile rivolgersi per un filo diretto con gli esperti del banco ai quali chiedere consigli e ricette per poi ricevere il tutto comodamente a casa.

Pescheria Spadari mette infatti a disposizione anche un fish delivery, il nuovo servizio di consegna a domicilio del pescato e della gastronomia cucinata, semplice, comodo e perfino ecologico grazie all’accordo con UBM – Urban Bike Messengers, servizio di corrieri in bici nato nel 2008, dieci anni fa.

Insomma, è proprio il caso di dirlo: 85 anni e non sentirli!

Manu

La Premiata Pescheria Spadari è in via Spadari 4
Qui trovate il sito, qui la pagina Facebook, qui l’account Instagram e qui il canale YouTube.

La Leggerezza va in mostra alla Galleria Rossini a Milano

Non mi stancherò mai di dichiarare la viva antipatia che nutro verso ghetti e recinti – a partire da quelli auto costruiti nei quali, talvolta, siamo noi stessi a rinchiuderci, negandoci infinite possibilità.

Non mi piacciono i compartimenti stagni e sono invece a favore della contaminazione e della libera circolazione di idee e pensieri; non ho simpatia nemmeno per classifiche e graduatorie, soprattutto quando si parla di arte e creatività, e non apprezzo definizioni come arti minori.

In aggiunta a tutto ciò, dichiaro il mio amore per la leggerezza.

Come ho raccontato in altre occasioni, quando parlo di leggerezza non mi riferisco a qualcosa che fa rima con disimpegno o superficialità, bensì a uno stato di grazia che lieve e soave solletica i sensi, con garbo e intelligenza, e che permette di «planare sulle cose dall’alto», proprio come affermava il grande Italo Calvino che a questo valore – tale lo considerava – dedicò anche un saggio.

Il saggio sulla leggerezza è la prima delle conferenze che Italo Calvino avrebbe dovuto tenere all’Università di Harvard nell’anno accademico 1985-86: morì prima, purtroppo, e il testo da lui preparato fu pubblicato postumo (Lezioni americane – Sei proposte per il prossimo millennio).

«In questa conferenza cercherò di spiegare, a me stesso e a voi, perché sono stato portato a considerare la leggerezza un valore anziché un difetto», scriveva Calvino, quasi a dimostrare che la pesantezza del mondo – quella che oggi spesso ci ritroviamo a subire – può essere sconfitta solo dal suo contrario.

Sono profondamente d’accordo con lui ed ecco perché, oggi, vi parlo di un concorso d’arte che si intitola proprio Leggerezza. Leggi tutto

Valentina Cortese, splendido omaggio alla diva allo Spazio Oberdan

Valentina Cortese – Roma 1973 – foto Pierluigi

L’ho scritto in varie occasioni: reputo che, oggi, parole come icona e mito siano spesso abusate e applicate a persone, situazioni e cose che, in realtà, non sono né iconichemitiche.
Pensate che io sia un po’ troppo severa?
E allora permettetemi di farmi perdonare parlandovi di qualcuno che è davvero una icona e un mito, di qualcuno che è una grande diva: Valentina Cortese.

Nata a Milano (ma originaria di Stresa, sul Lago Maggiore) il primo gennaio 1923 (e dunque oggi 95enne), Valentina Cortese è stata una delle attrici di punta del cinema italiano degli Anni Quaranta assieme ad Alida Valli e Anna Magnani.
Da allora, la sua carriera è stata in costante ascesa: l’elenco dei suoi film e dei suoi lavori teatrali è pressoché infinito e ha lavorato con registi immensi tra i quali Michelangelo Antonioni, Vittorio Gassman, Federico Fellini, Mario Monicelli, Franco Zeffirelli, François Truffaut, Giorgio Strehler, giusto per fare alcuni nomi.
Forse non si dovrebbe mai dire l’età di una donna e soprattutto di una diva, ma io credo che nel suo caso sia un valore aggiunto nel percorso di una persona straordinaria, vera icona di stile e star internazionale, da Cinecittà a Hollywood passando per il Piccolo Teatro di Milano.

Vi sto parlando di lei perché, fino a fine agosto, lo Spazio Oberdan di Milano ospita una bellissima mostra intitolata Valentina Cortese – La diva, un progetto di Elisabetta Invernici e Antonio Zanoletti.

La mostra – a ingresso gratuito – comprende oltre 30 scatti dei più grandi fotografi italiani e stranieri che raccontano la storia privata e pubblica di Valentina Cortese, simbolo di carisma e di eleganza.

La sua è una carriera lunga ben 70 anni, trascorsa calcando le scene di set e teatri al fianco dei più grandi registi, come vi accennavo, con un piglio e una professionalità che la rendono unica.
Visionaria e, al tempo stesso, dotata di quella concretezza artigianale indispensabile in ogni lavoro artistico, Valentina Cortese testimonia con la sua vita di donna e di attrice l’autorevolezza e la dignità di chi ha saputo farsi rispettare nel privato e nel pubblico, battendosi in prima persona per l’emancipazione femminile.

Le immagini in mostra sono sia a colori sia in bianco e nero, con la sorpresa di tre ritratti inediti scattati da Giovanni Gastel nell’estate del 2013 e che costituiscono l’immagine ufficiale più recente della diva.

Ma non è finita qui: oltre alla mostra, l’omaggio allo Spazio Oberdan prevede anche altro. Leggi tutto

Alba Cappellieri, le Catene (come gioiello) narrate in un libro (meraviglioso)

Tra le tante fiere e i tanti saloni del settore moda, accessori e gioiello, cerco di non perdere mai Homi, evento espositivo milanese che ruota intorno alla persona, ai suoi stili, ai suoi spazi.

Due volte all’anno, Homi rappresenta una buona occasione per incontrare designer dalle grandi capacità: inoltre, ogni edizione è caratterizzata da una mostra e ricordo molto bene quella di gennaio 2017 intitolata Scatenata, con sottotitolo La catena tra funzione e ornamento.

La mostra era curata da Alba Cappellieri, stimatissima esperta dell’ambito gioiello, professore ordinario al Politecnico di Milano, autrice di numerose pubblicazioni, direttore del Museo del Gioiello di Vicenza: il suo curriculum ricco e interessante non finisce qui e prosegue, ben testimoniando come il suo nome rappresenti garanzia di qualità, cura e passione.

Perché la mostra era intitolata Scatenata?

Il nome è un abile e divertente gioco che fa naturalmente riferimento alla catena, il manufatto più versatile nella storia del gioiello, l’elemento fortemente presente tanto nei monili antichi quanto in quelli contemporanei: le maglie, i motivi, la struttura, i meccanismi e gli incastri della catena hanno infatti costantemente ispirato orafi, artisti e designer di tutto il mondo. Leggi tutto

Preziosi di Carta tutti da scoprire in una mostra a Milano

Ieri, in una bellissima e tiepida serata milanese, sono stata a un evento estremamente interessante: alla Galleria Rossini, ottimo indirizzo per quanto riguarda il gioiello contemporaneo, è stata inaugurata una mostra interamente dedicata al gioiello d’artista in carta.

Questa mostra riscuote il mio interesse e la mia approvazione per la sua stessa essenza e per due motivi ben precisi.

Il primo motivo è che adoro la carta: da buona nativa analogica quale sono, riconvertita solo in un secondo tempo al digitale, la carta resta per me lo strumento principe per quanto riguarda la divulgazione di cultura e sapere.
Sono tra coloro che hanno divorato tonnellate di libri, che hanno avuto la tessera di tutte le biblioteche possibili, che hanno la casa piena non solo di libri ma anche di vecchie riviste, che immergono il naso in un libro appena comprato per aspirare il profumo – unico – della carta stampata.
Il mio lavoro è la comunicazione e scrivere è una parte importante: ho avuto l’immenso onore di vedere il mio nome sotto tanti articoli in magazine e riviste digitali, ma nulla è paragonabile alla soddisfazione che ho provato quando ho visto il mio nome stampato sulle pagine dei giornali cartacei. Leggi tutto

La ricetta delle borse MamaMilano, fatte a mano in Italia in vera pelle

Da diversi anni, sono cliente di un’azienda a conduzione familiare che si chiama MamaMilano.

Perché ve lo racconto? Chi è e che cosa fa questa azienda?
Ve lo dico subito, senza preamboli o giri di parole, anche perché scommetto che catturerò in un attimo la vostra preziosa attenzione, soprattutto quella del pubblico femminile: MamaMilano produce borse in vera pelle e totalmente Made in Italy.

Le formula magica e le parole chiave sono dunque queste: se sono diventata una loro affezionata cliente è perché amo le borse e perché le loro sono tutte in pelle, fatte a mano rigorosamente qui in Italia, anzi, in provincia di Milano.

Devo però anche confessarvi che, ormai da tempo, mi ponevo un interrogativo, visto che l’ulteriore caratteristica di MamaMilano è che le creazioni hanno prezzi abbordabili, adatti a tutte le tasche.
Non servono investimenti stratosferici per appropriarsi di una delle loro borse e – giusto per intenderci – sarò estremamente diretta e maledettamente sincera, come al mio solito: le cifre equivalgono grosso modo a quelle delle borse in pura plastica in vendita nelle varie grandi catene di fast fashion (diretta, sincera e anche un filino scomoda, mi ero dimenticata di aggiungere, e tanto per cambiare mi attirerò qualche antipatia).
Dunque, essendo persona curiosa di natura (in senso buono) e che ama andare in fondo alle questioni, ciò che mi chiedevo è come MamaMilano riesca a vendere borse in pelle a prezzi tanto contenuti. Leggi tutto

Chiudono Colette e MAD Zone e io sono amareggiata (ma non mi arrendo)

Ve lo dico subito: oggi sono arrabbiata. Tanto.
Ma no, aspettate, forse arrabbiata non è l’aggettivo giusto né è giusto dire che lo sono oggi o da oggi: in realtà, provo rabbia, sì, d’accordo, ma il sentimento che più si avvicina a ciò che provo è l’amarezza e la provo già da diverso tempo.
Amarezza, ovvero un miscuglio di viva delusione, doloroso rammarico e pungente tristezza mescolati a contrarietà, fastidio e a un antipatico senso di impotenza.

Tutto ciò va avanti da tempo, come vi dicevo, precisamente dallo scorso luglio, ovvero da quando ho saputo della chiusura di Colette (diventata definitiva esattamente una settimana fa, il 20 dicembre – vedere qui e qui) e della cessione degli spazi appartenenti a 10 Corso Como (qui e qui due articoli di Pambianco).
Ad acquisire gli spazi sono stati l’imprenditore Tiziano Sgarbi e la stilista Simona Barbieri, fondatori ed ex proprietari di TwinSet: la mia perplessità circa l’acquisizione è aggravata dal fatto che proprio il marchio TwinSet è stato da loro ceduto al gruppo Carlyle, grossa società internazionale di asset management.
E io mi domando: cosa faranno questi due signori, ora, con 10 Corso Como? Seguirà la stessa sorte di quel loro ex marchio, finirà in pasto a qualche abnorme gruppo finanziario dove contano solo i numeri?

Colette e 10 Corso Como: due concept store, due spazi polifunzionali, due realtà appartenenti rispettivamente non solo alla storia di città come Parigi e di Milano ma al mondo.
Due luoghi mentali prima che fisici che hanno scritto pagine importanti della moda e del costume internazionale e del modo di intenderli: l’hanno fatto per 20 anni nel caso di Colette (fondato nel 1997 da Colette Roussaux) e per 27 anni nel caso di 10 Corso Como (fondato nel 1990 da Carla Sozzani, sorella di Franca, mitica direttrice di Vogue Italia).

Poi, dopo queste notizie, a fine luglio, è arrivata anche la telefonata di Tania Mazzoleni.
Per chi legge A glittering woman (grazie sempre ), quello di Tania è un nome familiare: è la fondatrice di MAD Zone, negozio e salotto meneghino sospeso tra moda, arte e design e che io ho sostenuto con tanto entusiasmo durante tutto il suo percorso, dagli eventi che lì sono stati presentati (qui e qui due esempi) fino ad arrivare ai creativi che ho conosciuto attraverso quella che era diventata una vera e propria fucina di talenti (come per esempio Andrea de Carvalho e Buh Lab).
Quella che ho scelto per illustrare il presente post, qui in alto, è una foto che ritrae me e Tania proprio in occasione di uno degli eventi di MAD Zone della scorsa primavera.

Ecco, il 31 luglio, Tania mi ha annunciato la chiusura di quel suo spazio così vivo e così emozionante ed è stato un duro colpo al cuore visto il mio deciso e sincero sostegno, è stato uno sviluppo inatteso e doloroso che mi ha toccato proprio nel personale e nel profondo, perché gli investimenti morali sono quelli sui quali io punto con più forza.
E in MAD Zone credevo fortemente, so che aveva tutte le carte in regola per diventare sempre più un grande successo. Come Colette e come 10 Corso Como.

Per completare il quadro alquanto nefasto mancava solo un’ulteriore quanto pessima notizia ricevuta attraverso Valentina Martin, la fondatrice di Spazio Asti 17, altro indirizzo milanese particolarissimo.
Dopo le vacanze estive, in settembre, ho incontrato Valentina per caso, a una fiera di settore: con un dispiacere evidente, mi ha confessato la chiusura del suo spazio che negli anni ha ospitato artisti e designer (lì ho incontrato Eleonora Ghilardi fisicamente dopo tanti scambi virtuali) e che è stato il teatro di tanti eventi culturali ai quali ho partecipato, talvolta con un ruolo attivo (per esempio quando sono stata chiamata a presentare uno dei libri della brava Irene Vella, giornalista e amica).

Ecco, a quel punto la mia amarezza è diventata dilagante. Leggi tutto

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